INPGI/LA STAMPA (GEDI), LA CASSAZIONE DA’ RAGIONE ALL’ISTITUTO: CONFERMATA LA SUBORDINAZIONE DI QUATTRO GIORNALISTI

Ritenute fondate le irregolarità rilevate in sede ispettiva, da riesaminare solo gli aspetti legati alla quantificazione dei contributi e delle sanzioni dovute all’Istituto.     

 

La Corte di Cassazione, con una recente Ordinanza, ha confermato la fondatezza di un accertamento ispettivo effettuato dall’INPGI nei confronti di una Società editoriale avente ad oggetto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro di 4 giornalisti, formalmente qualificati come lavoratori autonomi. Tuttavia, avendo rilevato un vizio procedurale commesso dai Giudici della Corte d’Appello afferente il criterio di determinazione dell’ammontare delle somme dovute all’INPGI a titolo di contributi previdenziali e di relative sanzioni civili, la Cassazione ha rinviato la causa presso la medesima Corte d’Appello per definire gli aspetti connessi all’esatta quantificazione delle predette somme.

In particolare, nell’esaminare il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2196/2016, positiva per l’INPGI, la Corte – nella parte dispositiva – ha accolto “il secondo motivo di ricorso, dichiarando inammissibile il primo”, e, per l’effetto, ha cassato “l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto”, rinviando la causa “alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio”.

Dalla lettura della parte motiva dell’ordinanza in questione si evince che la sentenza di secondo grado viene cassata, quindi, nella sola parte in cui la Corte di Appello, dopo aver accertato la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione all’INPGI dei rapporti di lavoro oggetto di giudizio,  ha determinato i contributi dovuti per ciascuno dei 4 giornalisti in questione facendo erroneamente richiamo ad una CTU contabile, in effetti non espletata nel corso del giudizio.

La sentenza di secondo grado, pertanto, è stata ritenuta da riformare unicamente con riferimento al suddetto errore materiale, restando invece totalmente confermata nella parte riguardante l’accertamento della sussistenza degli elementi comprovanti il vincolo di subordinazione relativamente ai 4 giornalisti oggetto di giudizio (elementi, peraltro, rilevati in sede d’ispezione e idoneamente corroborati in giudizio dall’INPGI).

Infatti la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso della Società editrice che – attraverso il richiamo a presunte violazioni di norme di legge – pretendeva di far valere  un’erronea valutazione del materiale probatorio ad  opera della Corte d’Appello di Roma.

La sentenza impugnata è stata ritenuta insindacabile sul punto in quanto l’apprezzamento di fatto che ha condotto alle risultanze suddette è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato.

Resta quindi confermata la statuizione nel merito del Giudice di secondo grado che – con la sentenza impugnata – ha accertato, riformando la pronuncia di primo grado, che “dalla valutazione delle prove testimoniali emergeva la sussistenza degli elementi propri del rapporto di lavoro subordinato ovvero lo stabile inserimento della prestazione resa dai giornalisti nell’organizzazione aziendale e la disponibilità degli stessi, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, alle esigenze del datore di lavoro”.

Il Giudice del rinvio dovrà pertanto riformare la sentenza in questione limitandosi ad espungere l’erroneo richiamo alla “CTU contabile” e dovrà decidere sulle complessive spese di giudizio da porre in capo alla parte sostanzialmente soccombente, vale a dire la Società editrice.

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