PREVIDENZA: MIGLIORA IL RAPPORTO ATTIVI/PENSIONATI, IL VALORE SI ATTESTA A QUOTA 1,4215

Aumenta, ancora una volta, il numero di pensionati, che salgono dai 16,041 milioni del 2020 ai 16,099 del 2021 (+57.547 unità); Dopo la forte crisi causata da COVID-19, torna a crescere sensibilmente (oltre 550mila i lavoratori “recuperati”) il numero di occupati, che a fine giugno 2022 superano i 23 milioni; Migliora anche il rapporto occupati e pensionati che nel 2020 si fermava a 1,384, mentre nel 2021 arriva a 1,4215. Sono i dati del Decimo Rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2021”, redatto dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e presentato alla Camera dei Deputati, da cui emerge lo stato di salute della previdenza pubblica italiana.

Sono numeri che descrivono un sistema pensionistico in equilibrio, al netto dell’assistenza, ma la cui stabilità rischia di essere minata dalle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero, dall’incapacità di affrontare adeguatamente l’invecchiamento della forza lavoro e da livelli occupazionali da fanalino di coda in Europa per quanto in miglioramento.

Pensionati e prestazioni – Dopo un trend positivo avviatosi nel 2009 e proseguito in modo costante fino al 2018 per effetto delle ultime riforme previdenziali, che hanno innalzato gradualmente requisiti anagrafici e contributivi, il numero di pensionati si mostra di nuovo in risalita: i percettori di assegno pensionistico sono 16.098.748 nel 2021 (ultimo anno di rilevazione), a fronte dei 16.041.202 del 2020. Un incremento ascrivibile alle numerose vie d’uscita in deroga alla Fornero introdotte dal 2014 in poi e culminate nel 2019 nell’introduzione di Quota 100, ma comunque inferiore a quanto ci si aspettasse dopo la ripetuta conferma degli ultimi anni di vari provvedimenti finalizzati all’anticipo pensionistico (APE sociale, Opzione Donna, etc.), anche in virtù della contestuale e numericamente significativa cancellazione di molte prestazioni di lunga decorrenza. All’1 gennaio 2022 risultavano in pagamento presso il solo settore privato INPS 353.779 prestazioni previdenziali con durata quarantennale, erogate cioè a persone andate in pensione nel lontano 1980 o ancora prima; il decremento rispetto all’anno precedente, quando se ne contavano 423.009, è del 16,4%: si tratta di 69.230 prestazioni eliminate, parte delle quali anche a causa del nuovo coronavirus, i cui esiti si sono manifestati più severamente nei confronti degli over 65.  

In particolare, il Decimo Rapporto rileva una crescita di 57.546 pensionati rispetto al 2020, vale a dire lo 0,36% in più in termini di variazione percentuale. Le pensionate aumentano rispetto all’anno precedente di 20.219 unità, mentre gli uomini crescono di 37.327 unità. A ogni modo, degli oltre 16 milioni di pensionati italiani il 51,8% è rappresentato da donne, tra l’altro destinatarie dell’87% del totale delle pensioni di reversibilità (con quote della pensione diretta del dante causa variabili tra il 60% e il 30%, in base al reddito del superstite). Venendo invece al numero di prestazioni, al 2021 risultano in pagamento 22.758.797 prestazioni pensionistiche, 17.719.800 delle quali erogate nella tipologia IVS, e cui vanno aggiunte 4.379.238 pensioni assistenziali INPS e 659.759 prestazioni indennitarie dell’INAIL. Nel complesso, le prestazioni registrate nel 2021 sono 41.677 in più dell’anno precedente, ma comunque inferiori alle 22.805.765 del 2019: ogni pensionato riceve in media 1,4137 prestazioni, il livello più basso dal 2007. Detto altrimenti, è in pagamento una prestazione ogni 2.592 abitantivale a dire circa una per famiglia; tenuto conto della riduzione della popolazione residente (-274.878), anche questo valore è in calo rispetto alle ultime rilevazioni ma salirebbe invece a quota 2,1 per abitante tenendo conto anche di reddito di cittadinanza e trattamenti assistenziali erogati dagli enti locali.

Occupati – Dopo il calo imputabile a SARS-CoV-2 e misure di contenimento dei contagi, nel 2021 sale il numero degli occupati, riportandosi a oltre 22,8 milioni di unità (considerando anche la variazione nel metodo di rilevazione Istat che non tiene più conto di lavoratori in CIG e inattivi da oltre 3 mesi), per un tasso di occupazione totale pari secondo Istat a circa il 60%, di fatto in linea con quello del 2019. Con l’allentarsi dell’emergenza sanitaria, cala significativamente anche il ricorso alla Cassa Integrazione e ad altri ammortizzatori sociali, in costanza o in assenza del rapporto di lavoro: nel 2021 sono state autorizzate complessivamente 2.821.165.153 ore, il 35% in meno del 2020, quando la CIG aveva riguardato oltre 7,4 milioni di lavoratori. Tra CIG e NASpI, l’ammontare totale – trattamenti + coperture figurative – degli interventi di sostegno al reddito è stato di poco superiore ai 27 miliardi, cui vanno aggiunti i circa 500mila beneficiari della legge 104/1992, per una spesa di 1 miliardo. Considerando anche le misure imputabili a COVID-19, nel 2019 la somma si aggirava invece intorno ai 42 miliardi.

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