PENSIONI / LA CORTE EUROPEA BOCCIA LA CLASS ACTION CONTRO LO STOP ALLA PEREQUAZIONE

La Corte di Giustizia Europea ha definito “irricevibile” il ricorso inerente la perequazione delle pensioni per il 2012 e 2013 e ha dichiarato che le misure prese dal governo Renzi e dal legislatore non sembrano avere avuto un impatto significativo per gli anni in questione e non violano i diritti dei pensionati bensi’ hanno perseguito una causa di pubblica utilita’.

La vicenda nasceva dalla norma del Decreto legge “Salva Italia” del 2011 che aveva bloccato – per il 2012 e il 2013 – l’adeguamento automatico all’inflazione delle pensioni con un importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps. La norma era stata bocciata dalla Corte costituzionale e il Ministro del Lavoro Poletti, durante il governo Renzi, aveva varato un decreto stabilendo una restituzione della rivalutazione parziale e limitato: il 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps; il 40% a quelle da 3 a 4 volte, il  20% per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo, e il 10% per quelli tra 5-6 volte. Nulla per chi percepiva una pensione superiore a 6 volte il minimo Inps. Un meccanismo che per la Consulta italiana era legittimo.

Circa 10 mila pensionati aveva presentato ricorso a Strasburgo all’inizio dell’anno, sostenendo che il provvedimento avrebbe “prodotto un’ingerenza immediata sulle loro pensioni per il 2012 e 2013 e permanente per effetto del blocco sulle rivalutazioni successive”.

Secondo la class action la misura non avrebbe affatto perseguito l’interesse generale e sarebbe stata “sproporzionata”, violando il loro diritto alla proprieta’.

La Corte di Strasburgo non ha aderito alle richieste dei pensionati. Nella decisione d’inammissibilita’ delle loro istanze, i giudici sostengono che la riforma del meccanismo di perequazione delle pensioni e’ stata introdotta proprio per proteggere l’interesse generale.

In particolare per “proteggere il livello minimo di prestazioni sociali e garantire allo stesso tempo la tenuta del sistema sociale per le generazioni future”, e questo in un periodo “in cui la situazione economica italiana era particolarmente difficile”.

La Corte ha poi osservato che “gli effetti della riforma del meccanismo diperequazione sulle pensioni dei ricorrenti non sono a un livello tale da esporli a delle difficolta’ di sussistenza incompatibili con quanto prescritto dalla convenzione europea dei diritti umani”.

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